“Beata gioventù”: Alessandro Rossi, il van Basten della Lazio che rifiutò la Roma e il Manchester United

Il diciannovenne bomber biancoceleste sta richiamando l’attenzione di club inglesi a suon di gol

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Alessandro di nome, Rossi di cognome. Un nome comune, quanti in Italia si chiamano così? Eppure uno che riesce a segnare nove gol in quattro partite non può essere proprio uno qualunque. E l’Alessandro Rossi di cui stiamo parlando, numeri alla mano, non lo è. Lui guida l’attacco e il gioco della Primavera della Lazio, lanciatissima in questo avvio di campionato. Proprio la sua squadra nel cuore. Non solo a parole però, perché lo ha dimostrato coi fatti già tempo addietro. Dopo aver conosciuto il calcio a circa 10 anni, in un torneo a Pianoscarano il classe ’97 si mise in mostra davanti a tanti occhi interessati. C’erano quelli degli osservatori biancocelesti ovviamente, ma anche dei colleghi della Roma. Entrambe le società capitoline gli offrirono la possibilità di fare un provino, ma lui non ne volle sapere dei giallorossi: il suo cuore era laziale. Dal provino e dal successivo approdo alla Lazio, Rossi inizia il suo cammino nel settore giovanile che lo ha fatto nascere e crescere fino ad oggi.

Ma, prima di iniziare a correre dietro ad un pallone, il piccolo Alessandro dimostrava talento con un altro pallone, arancione. Praticava basket e talento ne aveva da vendere: “Sprigionava tutta la sua energia nello sport – ci racconta Fabio Guardabasso, suo agente -. Da bambino era un demonio, non stava fermo un attimo. Mamma Angela non ha avuto un’infanzia facile da gestire con lui: era iperattivo”. Lei che lo ha seguito e accompagnato nel mondo del calcio fin da piccolo, facendo sacrifici insieme al figlio. Intanto Guardabasso oggi cura i suoi interessi, ma fino a qualche anno fa lo guardava dagli spalti nelle vesti di osservatore: “Quando lo vedevo giocare mi emozionava. Mi ha sempre rubato l’occhio”. E non solo a lui, dato che fin da quando giocava nei Giovanissimi Nazionali è riuscito ad attirare su di sé l’attenzione di tanti addetti ai lavori. Aveva 14 anni e già lo monitoravano società italiane e non. Una manifestazione di interesse concreta la si ha avuta nel 2013, quando fu il Manchester United a farsi avanti. Ma Alessandro, di concerto con la madre, declinò l’invito a trasferirsi oltremanica: si sentiva ancora troppo giovane.

Gli infortuni, come accade a molti, hanno indubbiamente frenato la sua crescita. Fino a che non sono stati definitivamente risolti e Rossi ha potuto sprigionare tutto il suo potenziale. Alla fine della passata stagione, il premio come miglior giocatore delle Final Eight Primavera gli è stato strappato dal compagno di squadra Lombardi. Ma, indubbiamente, è stata un’occasione per mettere ulteriormente in mostra tutto il suo repertorio. Da lì sono cominciate ad arrivare altre offerte, alle quali, però, non è stato dato seguito. Proprio sabato scorso, in occasione della partita vinta contro lo Spezia (doppietta per lui), uno scout del Manchester City è venuto a vederlo da vicino. Un’altra testimonianza della bontà del suo lavoro: “Tutto ciò ci lusinga. Fa capire che il giocatore ha prospettive importanti. Alessandro sa che, se adesso ha degli obiettivi, sta soltanto a lui poterli raggiungere, ma ha ancora tutto da dimostrare. Oggi si impegna per la sua crescita, alla Lazio si trova bene. E’ un ragazzo con i piedi per terra e non pensa al domani, ed è felice così”, sottolinea il suo procuratore.

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Insomma, paradossalmente Rossi ha ricevuto e sta ricevendo più attenzione da parte dei club inglesi che di quelli italiani. Forse per le sue caratteristiche, o forse per qualche altro motivo legato all’attività di scouting. Guardabasso propende per la seconda ipotesi: “In Italia lo scouting non funziona. Ma non perché non ci siano addetti ai lavori capaci e e professionali, tutt’altro. Piuttosto perché, molto spesso, chi fa scouting non viene preso in considerazione dai club perché ci sono altri interessi. Ci sono tanti bravi osservatori in giro, ma le loro relazioni finiscono nei cestini della spazzatura. Questo accade per tanti motivi esterni all’attività di scouting. Lo stesso si può dire per quanto riguarda le nostre nazionali: circolano sempre gli stessi nomi. Se abbiamo pochi talenti italiani è perché c’è poca qualità, ma a volte succede che la qualità espressa non viene ripagata. Quando leggo certe convocazioni in nazionale, pur rispettandole, penso che si commettano degli errori. Non si seleziona ciò che di meglio il offre il nostro campionato, ma si preferisce convocare sempre, più o meno, gli stessi. Mi sembra che ci sia un pizzico di superficialità per quanto riguarda le nazionali giovanili. Queste sono cose che penalizzano il calcio italiano e i talenti nostrani”, afferma con decisione.

A proposito di nazionale, ci sarebbe bisogno di più giocatori come Rossi. Attaccante moderno, veloce di pensiero, dotato di grande fantasia e capace di ricoprire più ruoli d’attacco rispetto alla classica prima punta. La sua miglior qualità è quella di saper leggere bene e velocemente la partita, cosa che manca a tanti nel suo ruolo. Nella Lazio dà una mano ai compagni e si mette al servizio della squadra, agendo quasi da regista d’attacco. E chissà che non sarebbe potuto diventare un vero e proprio regista se qualcuno avesse lavorato su di lui come centrocampista. La testa e la visione di gioco non gli mancano. Destro naturale ma abile a calciare anche con il sinistro, fa della fisicità il suo punto di forza e possiede una tecnica di base molto elevata. La sua esplosività dal punto di vista fisico lo rende molto forte nel gioco aereo, dove è bravo a scegliere bene il tempo. Nell’uno contro uno viene aiutato dalla sua velocità di pensiero, grazie alla quale riesce a superare i difensori più tosti. Non chiedetegli di strappare applausi con una singola giocata, ma la cattiveria del centravanti e l’altruismo del regista lo rendono il prototipo ideale dell’attaccante moderno.

I suoi modelli sono, guarda caso, due ex centravanti biancocelesti: “Si ispira a Bruno Giordano per l’estro, la pazzia, la follia. E a Miroslav Klose, di cui possiede la grinta, il temperamento, la serietà e allo stesso suo modo si sacrifica in campo per la squadra”, dice Guardabasso. L’agente, però, ha una sua idea personale sulla somiglianza di Rossi: “In lui vedo Marco van Basten. Alessandro è potenza, è tecnica. E, come l’olandese, ha doti indiscutibili e usa la testa in campo. Van Basten aveva tutto. E Alessandro è l’attaccante che ogni allenatore vorrebbe avere a disposizione”. Alessandro Rossi, l’anatroccolo biancoceleste che sogna di diventare cigno…

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